Il turismo e il rispetto per gli animali: un’avventura nella giungla
Durante i miei viaggi, evito accuratamente di includere safari o visite agli zoo. Gli animali meritano di vivere nel loro habitat naturale, lontano dalle interferenze e dal degrado provocato dal turismo di massa.
Purtroppo, in molti paesi, specialmente in Asia, il turismo insostenibile e irrispettoso continua a proliferare. I turisti, desiderosi di scattare la foto perfetta, non riescono a vedere oltre: oltre la tigre sedata, oltre la scimmia legata a una catena o l’elefante che viene forzato a obbedire a ordini crudeli. Ma fortunatamente, esiste un lato più etico del turismo che sta crescendo e facendo la differenza.
In paesi come la Thailandia, stanno emergendo organizzazioni dedicate al recupero di animali maltrattati. Questi santuari, pur operando con il compromesso del turismo per il sostentamento degli animali, offrono un’alternativa più rispettosa. Nei santuari degli elefanti, ad esempio, non è più possibile cavalcarli, ma si può partecipare ad attività più etiche: nutrirli, lavarli e fare il bagno con loro. I proventi dei biglietti d’ingresso vengono utilizzati per mantenere gli animali e coprire i costi operativi.
Grazie all’influenza dei social media, sempre più turisti stanno diventando consapevoli delle crudeltà legate al turismo di sfruttamento animale, e la domanda di queste attività sta gradualmente diminuendo. Tuttavia, non tutti i “santuari” sono realmente etici: dietro alcune attività si cela ancora lo sfruttamento mascherato da buone intenzioni.
Durante il mio viaggio a Chiang Mai, una famosa meta thailandese, ho affrontato con fermezza questa questione. Ho chiesto al ragazzo dell’ostello di indicarmi quali delle locandine promuovessero davvero il benessere degli animali, perché ero certa che molti “santuari” pubblicizzati fossero in realtà delle trappole per turisti. Con mia sorpresa, mi ha indicato un’escursione poco conosciuta, lontana dalle rotte turistiche più battute.
Così, la mattina dopo, mi sono svegliata alle 6 sotto una pioggia incessante, con il jet lag che mi tormentava e solo due ore di sonno alle spalle. Faceva freddo, era ancora buio, ma il pullmino mi aspettava. In due ore, ero immersa nella giungla: il verde era sempre più intenso e rigoglioso, ma anche il freddo e la pioggia sembravano non voler cessare.
Quando finalmente sono scesa dal veicolo, ero stordita dalle curve e dal mal d’auto. Ma il malessere è subito passato quando ho visto gli elefanti. Da lontano, grazie a un richiamo del custode, ho intravisto le sagome di 5 o 6 elefanti, accompagnati da un cucciolo. Con maestosa lentezza, ci sono passati accanto. I ragazzi presenti hanno iniziato a dar loro da mangiare mentre il custode mi raccontava la loro storia.
Mi ha spiegato che, nonostante gli elefanti siano salvati dai maltrattamenti, la loro cura è tutt’altro che semplice. Ogni elefante consuma circa 200 kg di vegetazione al giorno, creando un serio problema per il governo, che vede questo come una minaccia alla foresta circostante. Questo è il motivo per cui non possono essere lasciati liberi di nutrirsi autonomamente: il rischio di deforestazione è troppo alto, e devono quindi integrare la loro alimentazione.
Il custode mi ha parlato anche della straordinaria memoria degli elefanti. Trattarli bene non è solo un dovere morale, ma garantisce anche la loro lealtà e docilità. Nel frattempo, una donna iniziava a preparare il pranzo nella capanna. Io, infreddolita, mi sono avvicinata a un piccolo fuoco per riscaldarmi, cercando un po’ di conforto nella giungla umida e fredda.
2 commenti
Sigrun · Settembre 7, 2022 alle 22:35
Ciao Kida,
grazie per i tuoi contenuti interessanti. Quello che ci fai vedere qui però, purtroppo, è un esempio di maltrattamento di queste povere creature. Non ammetterebbero mai che un uomo gli facesse tutto questo, ci vuole sottomissione. C’è un criterio semplice: viene permesso un’interazione con il turista (lavarlo, toccarlo, dargli da mangiare ecc.)? Allora non è etico. Ci sono vari articoli a riguardo, uno dei miei preferiti è del National Geographic: “How to do wildlife tourism right”. Mi stanno molto a cuore e spero che ci sarà sempre meno turismo che fa danni a questi stupendi animali. Sicuramente hai agito in buona fede. Tí mando tanti saluti
lakida · Settembre 21, 2022 alle 17:23
Ciao Sigrun, capisco il tuo punto di vista e sono assolutamente d’accordo con te. Proprio perchè anch’io sono del tuo stesso pensiero quando ho chiesto informazioni all’ostello dove alloggiavo sui vari tour, gli ho fatto presente che ero interessata a quello meno turistico, dove gli elefanti vivevano davvero liberi. E così, il tour scelto, rispecchiava assolutamente la mia esigenza. Il posto era il più lontano di tutti e in mezzo alla giungla. Bisognava guidare per diverse ore. Gli elefanti al mio arrivo non erano presenti. E’ bastato che il proprietario fischiasse e da lontanissimo, nella giungla, la famigliola spunta fuori e si dirige nella nostra direzione. Non c’era nessuno a guidarli e qualsiasi cosa lo hanno fatto in autonomia. Il proprietario mi spiegava che quei elefanti per il governo erano un problema perchè con la loro presenza deforestavano la foresta visto la quantità di vegetazione che consumano ogni giorno. Ora non ricordo bene ma mi ha spiegato la loro storia e il ricavato che deriva da questi tour, viene usato soprattutto per mantenerli da mangiare. Inoltre per l’addestramento (ovvio che sono addestrati in quanto si tratta di elefanti salvati e non selvaggi in libertà) non hanno usato nessun tipo di violenza o situazione spiacevole per l’animale. Sarebbe stato controproducente il contrario in quanto gli elefanti sono animali molto intelligenti e hanno un ottimo memoria. Se gli tratti male prima o poi si vendicano. Detto questo, come già accennato sopra, si tratta di animali salvati quindi partecipare a tour è necessario soprattutto per mantenerli economicamente. Ovviamente bisogna saper scegliere quello più “sano”.